mercoledì 13 aprile 2011

Studi di settore e redditometro

L’utilizzo congiunto diventa pericoloso, ed i piccoli contribuenti le vittime
Studi di settore e redditometro - L’utilizzo combinato di strumenti presuntivi d’accertamento non è, in realtà, una novità recente, atteso che già in datati documenti di prassi si sottolineava la possibilità di impiegare congiuntamente l’accertamento sintetico con gli studi di settore.
Benché si fosse ormai compreso, da tempo, che l’intento dell’Agenzia delle Entrate fosse quello di avvalorare le risultanze degli studi di settore attraverso l’utilizzo degli elementi potenzialmente impiegabili per l’accertamento sintetico, ci si sarebbe aspettati, però, un’iniziativa diversa dall’Amministrazione finanziaria, rispetto a quella che, invece, è stata adottata con gli inviti “rafforzarti”.

Atti rafforzati - Tali atti, infatti, in calce alla classica motivazione degli inviti al contraddittorio per la definizione degli accertamenti basati sugli studi di settore contengono un’elencazione di quei beni indicatori di capacità contributiva, che potrebbero essere impiegati nell’accertamento sintetico nei confronti del soggetto controllato.
L’esistenza di tali beni, oltre alla non congruità, magari anche protratta nel tempo, dei ricavi dichiarati rispetto a quelli accertabili attraverso l’applicazione degli studi di settore, comporterebbe – secondo l’Agenzia delle Entrate – un’“… ulteriore conferma che la rideterminazione del reddito d’impresa effettuata tenendo conto della stima dei ricavi operata dallo studio di settore è pienamente plausibile e consente di escludere, con sufficiente certezza, che i ricavi effettivamente conseguiti siano stati inferiori rispetto a quelli stimati dallo studio di settore”.

Le considerazioni - Dinnanzi ad una siffatta situazione, però, sono almeno due le considerazioni che si impongono.

Prima - Se lo scostamento derivante dall’applicazione degli studi di settore costituisce una presunzione semplicissima, che necessita di altri elementi per poter assurgere a presunzione qualificata, ed essere così legittimamente impiegata nell’accertamento analitico-induttivo, tali ulteriori mezzi istruttori non possono certamente essere la rilevazione e l’elencazione di alcuni beni di proprietà del contribuente, che, ancorché indicativi di capacità contributiva, così esposti, come puro dato grezzo, non consentono la formulazione di alcuna ulteriore osservazione logico-giuridica, né probabilmente assumono quella forza probatoria che asserisce l’Amministrazione finanziaria nel fac-simile di invito riportato di seguito.
Molto diverso sarebbe stato, invece, se l’Agenzia delle Entrate avesse affiancato alla classica motivazione degli studi di settore, non l’elencazione dei beni indicatori di capacità contributiva, ma lo sviluppo del calcolo sintetico dimostrante la dichiarazione di un reddito inferiore a quello sinteticamente accertabile; tale circostanza avrebbe certamente costituito quell’ulteriore mezzo istruttorio, di accompagnamento agli studi di settore, idoneo a determinare una presunzione qualificata di omessa contabilizzazione di ricavi o compensi, sulla base delle risultanze degli studi sessi.

La Seconda - A questo punto, però, si inserisce la seconda considerazione. Come del resto hanno osservato acuti autori , la combinazione “redditometro-studi di settore” ha un senso logico (e probabilmente un’elevata forza probatoria) soltanto se l’unico reddito del contribuente persona fisica sia quello derivante dall’attività imprenditoriale o di lavoro autonomo, atteso che l’accertamento sintetico consente di determinare il reddito complessivo netto del contribuente (somma dei redditi delle varie categorie: lavoro dipendente, impresa, fondiari, capitale, eccetera), mentre gli studi di settore consentono di stimare soltanto i ricavi o compensi della sua attività imprenditoriale o di lavoro autonomo.

Il dubbio- A questo punto il dubbio che sorge, in ultima analisi, è che tale nuova impostazione possa andare, di fatto, ad incidere soltanto su quei contribuenti più piccoli, e magari meno accorti, che non abbiano una pluralità di tipologie di redditi posseduti da invocare a giustificazione dell’uso combinato “redditometro-studi di settore”, o che non possano avvalersi, per esempio, di strutture giuridiche societarie, magari a ristrettissima base sociale, alle quali intestare i beni – tipicamente le auto di lusso e di grossa cilindrata – che, in realtà, però, sono nella piena disponibilità del contribuente persona fisica, che così, tuttavia, non manifesta alcuna capacità contributiva derivante dal possesso di tali beni (ed evitando il redditometro).

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