venerdì 22 febbraio 2013

Cassazione. Nel processo tributario è legittimo l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2916/2013 ha stabilito che nel processo tributario è legittimo l’utilizzo delle dichiarazioni rese alla Guardia di finanza e delle intercettazioni telefoniche, nel rispetto dei principi di garanzia previsti dalla Costituzione (articolo 15).
Spetta al giudice di merito, infatti, decidere sull’ammissibilità o meno delle informazioni.
Il caso trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una società in accomandita semplice e di un’altra persona fisica (in realtà unico gestore della società), finalizzato al recupero dell’Iva. Contro l’atto impositivo degli uffici finanziari, i destinatari dell’accertamento si sono rivolti alla Commissione tributaria provinciale che ha accolto il ricorso.
La sentenza, però, è stata completamente ribaltata dalla Ctr. I giudici di merito, infatti, hanno riconosciuto nella “persona fisica” il vero gestore materiale della società, ribadendo in toto quanto rilevato in sede di accertamento.
Le parti hanno, quindi, presentato ricorso in cassazione, articolando la motivazione dell’appello su due elementi: in primis che la motivazione della sentenza loro sfavorevole era contraddittoria e illogica, in secundis che i giudici di merito non avevano tenuto conto dei dettami dell’articolo 7, comma 4, del D.Lgs. 546/72, avendo accolto le “sommarie informazioni testimoniali ed intercettazioni telefoniche” all’interno del processo tributario che avrebbero causato l’alterazione del libero convincimento del giudice nella formulazione della decisione.
Il primo punto del ricorso non è stato accolto dalla Corte di cassazione perché ritenuto infondato, in quanto carente di “adeguata specificazione dei fatti controversi”.
Più in particolare, la recente giurisprudenza della Cassazione ha più volte chiarito che per far sì che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione venga riconosciuto dalla Corte, “deve essere dedotto mediante esposizione chiara e sintetica del fatto controverso - in relazione al quale la motivazione assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali l'insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, fornendo elementi in ordine al carattere
decisivo di tali fatti, che non devono attenere a mere questioni o punti”

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