lunedì 20 giugno 2011

Termine perentorio per impugnare una decisione che si assume in qualche modo viziata

Il termine per impugnare una decisione che si assuma in qualche modo viziata, quando la parte interessata sia comunque a conoscenza della pendenza del relativo processo, è perentorio.
Per convertire i vizi in motivi del ricorso è necessario muoversi nei tempi stabiliti
dalla legge (Cassazione, ordinanza 11953/2011).
La vicenda. Due contribuenti impugnavano un avviso di rettifica Iva con ricorso, che il giudice tributario di primo grado respingeva. A seguito della pronuncia di riforma emessa in secondo grado, il giudizio veniva rimesso al collegio di prime cure. Quest’ultimo accoglieva le doglianze degli interessati, ma la Commissione tributaria regionale della Campania, a cui si rivolgeva l’ufficio, riformava la pronuncia dei primi giudici, con sentenza 21 del 21 febbraio 2007, che la parte privata gravava di ricorso per cassazione.
L’impugnazione in sede di legittimità veniva, peraltro, notificata all’Agenzia delle Entrate soltanto il 26 giugno 2009, quindi oltre due anni dal deposito della sentenza del giudice regionale partenopeo.
Nel ricorso presentato al collegio di piazza Cavour, la parte giustificava il ritardo
nell’impugnazione deducendo la nullità della sentenza impugnata, per inesistenza della notifica dell’atto d’appello e conseguente inammissibilità dell’impugnazione.
La decisione.
La Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato l’inammissibilità del
ricorso, condannando altresì la parte privata alle spese del giudizio di legittimità.

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