In determinate situazioni si potrebbe verificare la variazione
dell'importo dell'assegno di pensione a causa del sopraggiungere di
eventi successivi alla sua determinazione. In questi casi, la normativa prevede
la possibilità di ottenere la "ricostituzione
della pensione", procedura che dovrebbe realizzarsi d'ufficio ma che
comunque necessita di una formale richiesta da parte del pensionato
interessato.
L'ordinamento riconosce ai pensionati la possibilità di ottenere, previa
domanda, la ricostituzione della pensione. Questo strumento, in sostanza,
consente il ricalcolo dell'importo del rateo quando sopraggiungono delle
novità che vanno a modificare gli elementi di calcolo della pensione stessa.
Tali novità riguardano
in linea generale:
·
aspetti di tipo contributivo;
·
aspetti reddituali;
·
aspetti sanitari.
Le modifiche sul piano contributivo sono le cause più
frequenti che danno luogo ad un ricalcolo dell'assegno e riguardano soprattutto
il computo di contributi non presi in considerazione in fase di
prima liquidazione della pensione, derivanti da periodi non ricongiunti, da
periodi dei quali non è stato chiesto l'accredito figurativo oppure di
contributi volontari non presi in considerazione.
Si tratta cioè dell'accreditamento o dell'esclusione di contribuzione non
valutata in prima liquidazione, oppure della modifica del valore retributivo
e/o contributivo già considerato in prima liquidazione.
Gli aspetti reddituali o quelli sanitari riguardano eventuali riduzioni o
incrementi dell'importo dell'assegno derivanti dalla variazione dei
redditi del beneficiario (si pensi ad esempio se è variato il reddito
ai fini del conseguimento delle maggiorazioni sociali o per
la pensione ai superstiti) o dalla percentuale di invalidità riconosciuta
al beneficiario.
Gli effetti della ricostituzione della pensione devono essere, di regola,
ricondotti al momento di decorrenza del medesimo trattamento previdenziale. Il
ricalcolo, infatti, va effettuato come se la contribuzione originariamente non
considerata fosse esistente al momento del pensionamento e ciò da origine,
spesso, anche al diritto alla corresponsione di eventuali arretrati.
La domanda di
ricostituzione
La ricostituzione della pensione può avvenire in seguito a domanda
dell’interessato ovvero su iniziativa dell’Ente previdenziale nei casi
in cui la contribuzione viene accreditata d’ufficio senza la necessità di
intervento del pensionato. La domanda di ricostituzione non è
sottoposta ad alcun limite di decadenza per il riconoscimento del
diritto. Essa può essere proposta in ogni tempo dopo il pensionamento e la
riliquidazione della pensione dovrà essere, di regola, sempre effettuata con
decorrenza dalla data di riconoscimento originario della prestazione.
Ovviamente, in tali circostanze, le somme liquidate a titolo di
arretrati sono sempre sottoposte ai termini ordinari di prescrizione. Su
questa materia giova ricordare l'intervento particolarmente duro della legge n.
111 del 2011 che ha ridotto, in particolare, per i ratei maturati dal 6
luglio 2011 la prescrizione nel termine di cinque anni (dai
dieci della disciplina previgente) dei ratei dei trattamenti pensionistici e
delle differenze dovute a seguito di riliquidazioni.
In altre parole, nelle ipotesi in cui la domanda di ricostituzione venga
presentata dopo che siano trascorsi cinque anni dalla data di liquidazione del
trattamento pensionistico, la riliquidazione del medesimo trattamento dovrà
avvenire dalla data di decorrenza della pensione, ma le eventuali differenze di
ratei saranno dovute dal quinto anno precedente la data di
presentazione della domanda di ricostituzione, da considerarsi,
quest’ultima, atto interruttivo della prescrizione (tali
regole si applicano anche ai casi di ricostituzione d’ufficio). Le novità
introdotte dal decreto legge 98/2011 non trovano, invece applicazione in
materia di recupero di indebiti pensionistici, per i quali il
diritto dell'Inps alla relativa ripetizione si prescrive nel termine di dieci
anni a decorrere dal momento in cui è stata effettuata l’indebita
erogazione.
Il termine di decadenza per l'azione giudiziaria
Se la domanda di ricostituzione è stata presentata ma l'Inps non ha
risposto o ha rigettato l'istanza, l'interessato, al pari di quanto avviene per
tutte le domande di prestazioni previdenziali, deve prestare attenzione
al termine decadenziale, in sostanza, ove venga avanzata la domanda
di ricostituzione e l’Ente previdenziale non provveda sull’istanza, l’azione
giudiziaria tendente al riconoscimento del diritto alla ricostituzione dovrà
essere esercitata nel termine di tre anni dalla scadenza dei termini previsti
per il procedimento amministrativo. Ove ciò non avvenga, si avrà diritto,
trattandosi di trattamento pensionistico, solo ai ratei corrispondenti al
triennio antecedente la data del deposito del ricorso giudiziario.
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