domenica 24 luglio 2011

Rifiuti vegetali provenienti da aree verdi

Il Ministero precisa la corretta disciplina dei rifiuti vegetali provenienti da giardini, parchi e aree cimiteriali.
In una nota del 18/03/2011, n. 8890/TRI/DI, emessa in risposta ad una richiesta di parere, la Direzione Generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha fornito chiarimenti sull'applicazione delle disposizioni del Testo Unico Ambientale in merito ai rifiuti vegetali provenienti da aree verdi ed agli sfalci e potature.

Si ricorda che in tale ambito il citato Testo Unico Ambientale, D. Leg.vo 152/2006 ha subito di recente importanti modifiche.
Con la modifica introdotta dalla L. 129/2010, all'art. 185, comma 2, del D. Leg.vo 152/2006, sono considerati come sottoprodotti (e dunque non rifiuti) anche i materiali fecali e vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato.
Successivamente, il D. Leg.vo 205/2010 ha completamente sostituito l'art. 185 del D. Leg.vo 152/2006, che nella versione vigente, al comma 1, lettera f), esclude paglia, sfalci e potature dal campo di applicazione delle disposizioni inerenti i rifiuti.

Proprio facendo riferimento al testo vigente, come da ultimo modificato dal D. Leg.vo 205/2010, il Ministero fa presente che il citato art. 185, comma 1, lettera f) del D. Leg.vo 152/2006 fa riferimento soltanto a sfalci, potature ed altri materiali che provengono da attività agricola o forestale e che sono destinati agli utilizzi descritti nell'articolo stesso, e perciò sono esclusi dall'applicazione della parte IV del Testo Unico Ambientale.
Di contro, i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali, non rientrano tra le esclusioni previste dall'art. 185 in commento, e restano dunque soggetti alle disposizioni della parte IV del Testo Unico Ambientale, e sono classificati come rifiuti urbani ai sensi dell'art. 184, comma 2, lettera e del medesimo decreto.

MinAmbiente, gli scarti del verde pubblico e privato sono rifiuti

rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali vanno classificati come rifiuti urbani ai sensi dell'articolo 184, comma 2, lettera e) del Dlgs 152/2006.

Secondo il Ministero dell'ambiente (nota 1° marzo 2011, prot. 11338) l'esclusione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti per la "paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa" (articolo 185, comma 1, lett. f) del Dlgs 152/2006 come recentemente modificato dal Dlgs 205/2010) va riferita esclusivamente ai materiali provenienti da attività agricola o forestale destinati agli utilizzi ivi descritti.

Tale previsione non riguarda invece i rifiuti vegetali provenienti da giardini, parchi e aree cimiteriali, in relazione ai quali bisogna fare riferimento all'articolo 184 dello stesso Dlgs 152/2006, che li classifica come rifiuti urbani
PARERE DEL MINITERO:
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

Nota 1° marzo 2011, prot. n. 11338

Oggetto: Nota prot. 11338 del 1° marzo 2011. Richiesta di parere

Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche

n— 8890/Tri/Di

Provincia di Mantova

Settore ambiente

Servizio rifiuti e inquinamento

Via don Maraglio, 4

46100 Mantova



Con la richiesta di parere in oggetto, codesta Amministrazione chiede delucidazioni in merito all'articolo 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e s.m.i., recante "Norme in materia ambientale", con particolare riferimento all'esclusione dal campo di applicazione della Parte IV del decreto stesso di sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

In proposito, si fa presente che tale articolo fa riferimento soltanto a sfalci, potature ed altri materiali che provengono da attività agricola o forestale e che sono destinati agli utilizzi descritti nell'articolo stesso.

I rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali, invece, non rientrano tra le esclusioni previste dal suddetto articolo, restano, pertanto, soggetti alle disposizioni della Parte IV del Dlgs 152/2006 e sono classificati come rifiuti urbani ai sensi dell'articolo 184, comma 2, lettera e), del medesimo decreto.

giovedì 21 luglio 2011

Decreto sviluppo 2011: più semplice la richiesta di detrazioni per carichi di famiglia per pensionati inpdap e impiegati della P.A.

Pensionati Inpdap e dipendenti PA non devono ripeterla ogni anno. Basta quella precedente.
Nella legge di conversione del decreto sviluppo 2011 (d.l. n. 70/2011), la n. 160 del 12 luglio 2011, innovativa è la modifica prevista per i pensionati e dipendenti della Pubblica amministrazione, in tema di richiesta di detrazioni fiscali per familiari a carico.
In particolare, la modifica riguarda il termine temporale per cui si può avanzare la richiesta di detrazioni fiscali per carichi di famiglia, che tali soggetti presentano con apposita dichiarazione all’Inpdap. Non più obbligo annuale, ma basta la richiesta presentata precedentemente, purché non ci siano cambiamenti nella situazione familiare del contribuente interessato.

Normativa previgente- La disciplina precedente prevedeva, all’art. 23, comma 22, lett. a) del DPR n. 600/73, la possibilità per i pensionati Inpdap e dipendenti della PA, con familiari fiscalmente a carico, di presentare la richiesta annuale di detrazioni fiscali, così come sono riconosciute all’art. 12 Tuir. Ogni anno quindi, all’Inpdap, quale sostituto d’imposta, giungeva la dichiarazione, contenente le condizioni di spettanza e il codice fiscale dei familiari a carico, sulla cui base attribuiva ai contribuenti aventi diritto, le detrazioni fiscali.

Nuova normativa- La legge n. 160/11 convertendo in legge il decreto Sviluppo 2011, prevede all’art. 7, intitolato “Semplificazione fiscale”, la modifica proprio dell’art. 23, comma 2, lett. a) DPR n. 600/73. I contribuenti non hanno più l’obbligo di presentare annualmente all’Inpdap la richiesta di detrazioni per carichi di famiglia, perché ora l’Istituto in questione attribuisce le detrazioni sulla base della dichiarazione dell’anno precedente, sempre che non ci siano state modificazioni.

Obbligo di comunicazione tempestiva delle modificazioni- Rimane così in capo al contribuente, pensionati Inpdap e dipendenti della pubblica amministrazione, l’obbligo di comunicare tempestivamente eventuali mutamenti della propria situazione familiare che incidono sull’attribuzione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia.

Abolizione obbligo annuale- In buona sostanza, ora l’Inpdap attribuisce le detrazioni fiscali per familiari fiscalmente a carico ai contribuenti aventi diritto, non più in base alla richiesta/comunicazione annuale fatta da questi soggetti, ma basandosi sulla dichiarazione precedente. La comunicazione, contenente sempre le condizioni di spettanza alle detrazioni e il codice fiscale dei familiari fiscalmente a carico (coniuge, figli, parenti conviventi, il cui reddito non deve superare la cifra di 2.840,51 euro annui), va presentata solo ed esclusivamente se ci sono state modifiche nella situazione familiare del contribuente, tali da influenzare l’attribuzione delle detrazioni da parte dell’Inpdap.

Vantaggi- Abolendo la richiesta annuale per carichi di famiglia, i vantaggi sono indubbi. Ora il pensionato Inpdap e il dipendente non sono costretti a ripetere ogni anno la loro richiesta di detrazioni. Se non ci sono modifiche, vale quella precedente. Il nuovo art. 23, comma 22, lett. a) del DPR n. 600/73, così come modificato dall’art.7, comma 2, lett. e) della legge n. 160/11, dispone che “la dichiarazione ha effetto anche per i periodi di imposta successivi”.

Nota Inpdap n. 26/2011- L’Inpdap sottolinea la soppressione dell’obbligo annuale di richiesta delle detrazioni per carichi di famiglia, nella nota n. 26 del 13 luglio 2011. In essa inoltre, l’istituto previdenziale per dipendenti e pensionati della pubblica amministrazione, chiarisce che il beneficio fiscale con la rata di agosto prossimo, non verrà sospeso per quei contribuenti che non abbiano presentato la dichiarazione entro il 31 maggio 2011, come invece era stato previsto nella precdente nota n. 7 del 2 febbraio 2011

Agevolazioni per le Imprese e il decreto sviluppo

Premessa – Con la pubblicazione sulla G.U. 12.7.2011, n. 160 è entrata in vigore, a decorrere dal 13.7.2011 (giorno successivo alla pubblicazione), la Legge 12.7.2011, n. 106 di conversione del DL n. 70/2011, c.d. “Decreto Sviluppo”. Tra le misure previste a favore delle imprese: il credito d'imposta per la ricerca scientifica, il credito d'imposta per nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno e il credito per gli investimenti in aree svantaggiate.

Bonus ricerca - Il decreto "sviluppo" ha istituito (art. 1) un credito d'imposta per le imprese che finanziano progetti di ricerca realizzati da università o enti pubblici di ricerca. Il calcolo del “nuovo” beneficio fiscale avviene utilizzando un meccanismo “incrementale”, ovvero premiando le imprese che incrementano i loro investimenti nella ricerca rispetto al passato. L'agevolazione si applica agli investimenti realizzati a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31.12.2010 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso al 31.12.2012 (investimenti realizzati nel biennio 2011-2012). Nello specifico, il credito d'imposta spetta in misura pari al 90% dell'eccedenza degli investimenti in ricerca realizzati nel periodo d'imposta agevolato rispetto alla media degli stessi investimenti effettuati nel triennio 2008-2010. L'agevolazione sarà riconosciuta in tre quote annuali, a decorrere da ciascuno degli anni 2011 e 2012. In sede di conversione in legge è stato previsto che il Decreto di individuazione di “altre strutture” che effettuano ricerca il cui finanziamento consente la fruizione dell’agevolazione in esame sarà emanato previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro 15 giorni dalla data di trasmissione; qualora tale termine sia decorso senza aver ottenuto il predetto parere, il Decreto sarà adottato. Inoltre sempre in sede di conversione è stato previsto che tra i soggetti che effettuano ricerca sono ricompresi anche gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

Bonus occupazione – Il Decreto sviluppo ha poi previsto il ritorno dell'analogo bonus occupazione introdotto dalla L. 24.12.2007, n. 244 (Finanziaria 2008). Il bonus fiscale, riconosciuto alle imprese ed ai professionisti, consiste in una detassazione al 50% dei costi salariali relativi ai nuovi lavoratori assunti dalle imprese del mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia) che si concretizza nell'attribuzione di un credito d'imposta per l'incremento della base occupazionale. L'incentivo spetta ai datori di lavoro che, nei successivi 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto "sviluppo" (14.5.2011) aumenteranno il numero dei dipendenti a tempo indeterminato assumendo persone svantaggiate nelle regioni del mezzogiorno ai sensi del Regolamento 800/2008/Ce (che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli artt. 87 e 88 del Trattato Ce). In sede di conversione del decreto sviluppo è stato previsto che in caso di decadenza all'occorrenza i datori di lavoro sono tenuti alla restituzione del credito d'imposta di cui hanno già usufruito. Qualora la decadenza sia dovuta all'accertamento definitivo di violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente, è dovuta la restituzione del credito maturato e usufruito dal momento in cui è stata commessa la violazione.

Investimenti in aree svantaggiate - In sede di conversione in legge del decreto sviluppo è stato introdotto il rifinanziamento dell’agevolazione di cui all’art. 1, commi da 271 a 279, Legge n. 296/2006, ossia della c.d. Visco-sud che prevede il riconoscimento di un credito d'imposta a favore delle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. I limiti di finanziamento spettanti a ciascuna Regione, la durata dell’agevolazione, nonché le altre disposizioni attuative saranno definite con un apposito Decreto
Per informazioni Fausto Ridolfo 3293222740 email: centroserviziaziendali@gmail.com

mercoledì 20 luglio 2011

Fine delle Onlus anche se non c’è il parere del Fisco

Ai fini della cancellazione dall’anagrafe unica delle Onlus, i requisiti formali
mancanti e richiesti dall’articolo 10, del D.Lgs. n. 46071997, non possono ritenersi
surrogabili con il concreto accertamento della fattuale osservanza degli stessi.
È questo quanto concluso dalla Suprema Corte, Sezione tributaria, nella Sentenza
n. 14371 depositata lo scorso 30 giugno 2011 rigettando il ricorso proposto da
un’associazione, la quale era stata cancellata per la mancanza nello statuto
dell’espressa previsione di reimpiegare gli utili e avanzi di gestione ai fini della
realizzazione degli scopi istituzionali.
I motivi posti alla base del ricorso presentato erano i seguenti:
a) la mancata richiesta prima della cancellazione del parere dell’Agenzia delle
Onlus;
b) la non rilevanza dei requisiti sostanziali.
Per informazioni Fausto Ridolfo 3293222740

martedì 19 luglio 2011

Ctr Lombardia - Illegittimo l’atto impositivo notificato all’ultimo legale rappresentante

Secondo quanto stabilito dalla Ctr Lombardia, con la sentenza n. 79/8/11, sono
illegittime le iscrizioni a ruolo e le successive cartelle notificate anche alla società di persone cancellata dal registro delle imprese poiché il destinatario è estinto.
Sono illegittimi anche gli atti notificati all’ultimo rappresentante legale della società estinta perché nei suoi confronti non si apre nessuna successione particolare.
La vicenda oggetto della sentenza vedeva una società in accomandita semplice
sciogliersi nel 2003 senza messa in liquidazione e cancellata definitivamente dal
registro imprese nel 2004. Veniva consegnata al socio accomandatario una cartella
di pagamento che veniva impugnata.
La Ctp respingeva il ricorso perché la società era stata estinta senza la procedura
di messa in liquidazione e non aveva estinto tutti i debiti contratti. La società si
difendeva allora sostenendo che la cartella era stata consegnata a un soggetto
estinto e che non stata indirizzata alla persona fisica responsabile “in proprio”.
L’appello veniva accolto dai giudici di secondo grado.

Irap: agenti di commercio

La Cassazione, con sentenza n. 15586/2011 ribadisce che l’agente di commercio non versa automaticamente l’Irap.
Secondo l’elaborazione giurisprudenziale tra i soggetti che possono essere esclusi dall’IRAP, oltre ai piccoli professionisti, sono da comprendere anche gli esercenti attività imprenditoriali, i procacciatori di affari in campo assicurativo, i rappresentanti di commercio, ma anche gli artigiani e gli agenti di commercio, che operano senza dipendenti e collaboratori e senza una struttura organizzativa nonché con modesto impiego di beni strumentali.
Per informazione Fausto Ridolfo 3293222740

La chiusura delle partite IVA inattive

Il Decreto legge 98/2011, la cosiddetta manovra correttiva 2011, prevede all’articolo 23 la chiusura di partite Iva inattive. In particolare, nel comma 22, la revoca della partita Iva avviene d’ufficio quando l’attività d’impresa, arte o professione, per cui è stata aperta la partita Iva, non viene esercitata nei tre anni consecutivi ovvero quando la dichiarazione annuale ai fini Iva non viene
presentata dal titolare - contribuente. Importante novità è contenuta anche nel successivo comma, il 23 che prevede una sanatoria, quando il contribuente abbia dimenticato di presentare la dichiarazione di cessazione dell’attività ai fini Iva. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della norma in esame, ossia il 4 ottobre 2011, il contribuente può pagare 129 euro mediante il modello F24 Versamenti con elementi identificativi e utilizzando l’apposito codice tributo 8110, istituito dalla
Risoluzione n. 72/E dell’Agenzia delle Entrate dell’11 luglio 2011. Se coglie questa opportunità non pagherà sanzioni più alte che possono arrivare anche a 2.000 euro e oltre.
Per informazioni Fausto Ridolfo 3293222740

129 euro per sanare la partita Iva

contribuenti che hanno omesso di comunicare la cessazione dell’attività possono
sanare la violazione versando l’importo di 129 euro entro il prossimo 4 ottobre
2011 secondo le indicazioni ricevute dalla risoluzione n. 72/E/2011. Per poter
usufruire di questa possibilità è necessario che la violazione non sia stata portata
a conoscenza del contribuente; pagando entro 30 giorni dal ricevimento dell’invito
dell’ufficio il contribuente può fruire della riduzione della sanzione ridotta a un
quinto del minimo.
La partita Iva sarà chiusa d’ufficio se: a) per tre anni non sarà stata esercitata
alcuna attività; b) non è stata presentata dichiarazione annuale Iva.
Il provvedimento di revoca è impugnabile davanti alle commissioni tributarie.

Il contribuente deve rivolgersi al giudice ordinario per opporsi al pignoramento

Con un’ordinanza del 25 febbraio il Tribunale di Trani ha stabilito che è di
competenza del giudice tributario l’opposizione al pignoramento presso terzi
eseguito dall’agente della riscossione.
La vicenda di tale dell’ordinanza ha per oggetto il ricorso contro il pignoramento
presso terzi eseguito per il recupero di un credito tributario.
La decisione ha chiarito che dopo la notifica del pignoramento con cui ha inizio
l’espropriazione forzata (secondo quanto stabilito dall’articolo 491 del Codice
civile), spetta al giudice tributario decidere se continuare con l’azione, accertarne
la decadenza oppure stabilire la prescrizione del diritto alla riscossione.

La pubblicità cartellonistica è soggetta a sanzioni se non viene rispettato il regolamento comunale

Le campagne pubblicitarie realizzate tramite cartelloni posizionati sui camion, sono
sanzionabili, se non consentite dal regolamento comunale. Una precisa disposizione
statale, infatti, delega gli enti territoriali a disciplinare la materia, con espressa facoltà di stabilire limitazioni. (Cassazione, sentenza 15302/2011).
Il fatto. La questione concerne l’opposizione a un’ordinanza-ingiunzione (articolo 22 della legge 689/1981), con la quale un Comune aveva fatto una multa per installazione di mezzi pubblicitari (cosiddetti “poster-tir” autotrasportati, anche se in stazionamento, ma comunque visibili dalla viabilità pubblica) non consentita dal regolamento comunale.
L’opposizione viene accolta dal giudice di pace, il quale ha ritenuto illegittimo il
provvedimento esecutivo in quanto contrastante con il codice della strada (articolo 23 Dlgs 285/1992), sia per il fatto che il canone preteso dal Comune per l’esecuzione della pubblicità sul proprio territorio darebbe luogo a doppia imposizione, considerando anche quella corrisposta dal proprietario del veicolo al Comune di residenza, sia perché l’articolo 57 del codice della strada (che tratta della circolazione delle macchine agricole), norma primaria, sarebbe in conflitto con una norma secondaria, il regolamento comunale, che non può imporre divieti non previsti da una norma primaria.
L’ente territoriale rimette ancora in discussione la questione davanti la Corte di cassazione,censurando la decisione impugnata per violazione di legge, nonché per vizi di motivazione, per non avere il giudice apprezzato invece le disposizioni contenute nel D.lgs. 507/1993 e nel relativo regolamento comunale attuativo.